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IL PAESAGGIO – ROSSANO PAZZAGLI

 

Rossano Pazzagli, Università degli Studi del Molise

Professore di storia moderna all’Università degli Studi del Molise. È stato direttore dell’Istituto di Ricerca sul Territorio e l’Ambiente “Leonardo” di Pisa e fa parte di diversi comitati scientifici. È autore di oltre 200 pubblicazioni di storia economica e sociale, riguardanti in particolare le trasformazioni del territorio e del mondo rurale nell’età moderna e contemporanea. Inoltre fa parte della redazione delle riviste “Ricerche storiche” e “Glocale”, di cui è condirettore. Inoltre, dirige la Scuola di Paesaggio ‘Emilio Sereni’ presso l’Istituto Alcide Cervi, è esponente della Società dei territorialisti e Accademico Georgofilo.

 

Il paesaggio non è il panorama, cioè non è soltanto quello che si vede. Per questo è in grado di suscitare, più di ogni altra risorsa, il coinvolgimento del viaggiatore nella dinamica emozionale che favorisce il radicamento dell’esperienza turistica a livello individuale e collettivo. Per questo è stato indicato come una risorsa apicale, nel senso che comprende tutte le altre, raccontando i luoghi e alimentando l’immaginario.

Il paesaggio è piuttosto un insieme di relazioni e funzioni che parlano della formazione del territorio, cioè del lungo e incessante processo attraverso il quale natura e uomo, interagendo tra di loro, hanno trasformato la spazio naturale in qualcosa di più evoluto e organizzato, che noi chiamiamo, appunto, territorio. Il paesaggio racconta soprattutto le trasformazioni ambientali e storiche, da quelle più lontane a quelle recenti, diventando, nel bene e nel male, la fisionomia parlante del cambiamento di un luogo, di un’area, di una regione. La problematica del cambiamento ci spinge a guardare al paesaggio in una logica evolutiva, oscillante tra conservazione e trasformazione, tra passato e futuro. Così il paesaggio diviene, infine, lo specchio in cui ritrovare noi stessi, il nostro mondo, la nostra società; non è un caso che Emilio Sereni, il più importante storico del paesaggio agrario italiano, lo definisse molti anni fa come “il farsi di una certa società in un certo territorio”. Quindi il paesaggio assume anche il valore di strumento col quale intuire le vocazioni autentiche e immaginare le potenzialità del territorio che stiamo osservando o vivendo.

Oltrepassando la semplice dimensione estetica del panorama, il paesaggio ci invita pertanto a vedere, piuttosto che a guardare. Così il paesaggio diventa un potente attrattore primario del turismo, ma anche un valido e indispensabile supporto a tutte le altre risorse che a vario modo sono inserite, alimentate o addirittura prodotte dal paesaggio: si pensi in primo luogo al rapporto tra le risorse enogastronomiche e il paesaggio agrario, all’incidenza dell’elemento paesaggistico sull’agriturismo o a quello tra il turismo ambientale e i paesaggi forestali o palustri.

Ci sono molti paesaggi: quello urbano, quello rurale, quello naturale (limitato ormai a pochi fazzoletti di mondo), paesaggi che a loro volto possiamo scomporre in tante altre tipologie: paesaggi dell’acqua, della carne, dell’industria, dei metalli, costieri, montani… Possiamo osservarli da lontano o da vicino, dall’alto o da un punto panoramico. Ma la cosa più attraente è l’immersione, vivere un paesaggio per carpirne i significati, i suoni e gli odori; per beneficiare della sua forza evocativa, che ci rimanda non solo alla bellezza intrinseca, ma anche all’indole dei suoi abitanti, delle comunità che vi sono insediate e che hanno contribuito a farlo diventare così come noi lo vediamo.

Il paesaggio è il frutto della storia e della natura, cioè del rapporto problematico e fecondo tra ecosistemi e attività umane. Costruito dunque anche dall’uomo, che a sua volta ne è in qualche misura plasmato, come se esistesse una sorta di equazione tra bellezza del paesaggio e qualità umana e sociale. Quando, all’inizio dell’Ottocento il granduca di Toscana Leopoldo II, volendo conoscere di persona la regione che doveva governare, si recò verso la Maremma, incontrò “amene colline” e un territorio “ampio ricco e ferace, ove la terra molle, lieta e lusinghiera simili a sé li abitator produce”.  Il paesaggio è generato dalle forze naturali e umane, ma a sua volta diviene generatore di attitudini, di modi di essere, di bellezza e di altri sentimenti.

Il paesaggio è un mosaico. Sia quello urbano che quelle rurale sono composti da infinite e multiformi tessere, più o meno fitte, che mutano col tempo come in un caleidoscopio; a volte nel tempo lungo della storia o in quello lunghissimo delle ere geologiche, a volte più repentinamente nel tempo breve del presente, come sta avvenendo nell’antropocene. Nella nostra era il mosaico tende a scomparire e a uniformarsi, perché il paesaggio è andato incontro, per cause diverse, a fenomeni di semplificazione, di omologazione e talvolta di banalizzazione. Si pensi al paesaggio agrario italiano, che in pianura ha conosciuto processi di specializzazione e intensificazione colturale, mentre in collina e in montagna ha dovuto subire l’abbandono e lo spopolamento: fenomeni opposti, epperò convergenti nel determinare una semplificazione della varietà paesaggistica. Eppure, il mosaico resiste e può essere considerato la più pervasiva delle risorse che attraggono il turismo, specialmente quello sostenibile e consapevole.

Il paesaggio è come un’opera d’arte, vivente e mutevole, è un insieme di segni che la natura e la storia hanno depositato nel tempo: da una casa colonica a una stradina di campagna contornata da filari di alberi, dal reticolo più o meno regolare dei campi ai pascoli e ai boschi, dalle rocce alpestri ai calanchi collinari, ai fiumi e ai laghi… così, tutto questo diventa patrimonio, al pari dei beni culturali e ambientali. Non è un caso che in Italia l’articolo 9 della Costituzione preveda tra i compiti principali della Repubblica la “tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione” e che la principale legge attuativa di questo principio si chiami “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. “Patrimonio” vuol dire qualcosa che vale, per noi e per le generazioni future. Ne consegue che la cura del paesaggio e il governo ragionato delle sue trasformazioni costituiscono una condizione indispensabile per il successo duraturo delle diverse destinazioni turistiche.