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I TURISTI VOGLIONO AVERE COMPORTAMENTI PIÙ SOSTENIBILI. AIUTIAMOLI A FARLO – ANTONIO PEZZANO

Antonio Pezzano, Officina Turistica.

Autore presso «Officina Turistica», Assiste enti pubblici e organizzazioni turistiche a disegnare e attuare politiche e progetti che creino valore economico. Il suo ruolo è fornire dati e fatti concreti a chi prende le decisioni. È stato per conto della Commissione Europea coordinatore della rete di destinazioni turistiche europee di eccellenza EDEN. Ha collaborato e collabora con Think tank, Università e NGO nell’ambito di progetti commissionati dalla Commissione Europea sul turismo sostenibile. Collabora stabilmente con società di consulenza impegnate a livello internazionale nella definizione di master plan e politiche turistiche commissionate da banche multilaterali di sviluppo come World Bank e IFC.

 

L’interesse per il turismo sostenibile è aumentato significativamente durante e dopo il COVID.  Questo è un dato comune a molte ricerche, sebbene in modi e intensità diverse.  Tuttavia, è opportuno evidenziare che i comportamenti (le scelte di consumo effettive), purtroppo, non seguono le intenzioni. Ad esempio, in Germania, uno dei Paesi dove c’è una lunga tradizione di consumo consapevole, due terzi dei vacanzieri dimostra interesse nei confronti del turismo sostenibile. Ma solo una piccola frazione di questi dichiara di aver messo in atto comportamenti coerenti con le intenzioni. Questi dati, monitorati dal 2013 e diffusi dalla celebre Reiseanalyse  confermano la cosiddetta sindrome del 30:3. Si tratta di uno schema di consumo individuato da uno studio dell’inizio del nuovo millennio dove si dimostra che nonostante il 30% delle persone dichiari di essere motivato ad acquistare prodotti con caratteristiche etiche, gli acquisti di questo tipo sono solo il 3% della quota di mercato. Studi ripetuti, successivi e anche recenti hanno confermato lo stesso schema di fondo per molte categorie di consumo, anche se con rapporti diversi.

Restando ai dati della Reiseanalyse, la percentuale di viaggiatori per i quali la sostenibilità ha costituito un aspetto decisivo nelle decisioni di viaggio è ancora molto bassa (meno del 5% nel 2022). Comunque, si registrano percentuali più alte e in ascesa su alcune decisioni, come l’uso di forme di compensazione di anidride carbonica emessa in viaggio e la scelta esercizi ricettivi e commerciali con marchi di qualità ambientale. Con notevoli differenze tra viaggi di lavoro e di piacere e, restando a quest’ultimi, tra vacanza lunga e short break e weekend.

Secondo studiosi, osservatori ed esperti di settore uno dei maggiori ostacoli al comportamento di consumo più consapevole è la scarsità di informazioni semplici e trasparenti su cosa sia sostenibile. Il consumatore-turista è confuso. I pochi studi con metodologie robuste sul tema – ad esempio quelli che pongono una domanda aperta senza restringere in alcun modo il campo delle risposte – descrivono la comprensione della sostenibilità da parte dei consumatori come molto soggettiva. Ognuno ha una sua (vaga) idea di sostenibilità, con pochi punti di incontro. Uno di questi, nel turismo, è il mezzo di trasporto da (non) usare per andare in vacanza: il viaggio in aereo. Un altro punto in comune è il cosiddetto fattore locale. Dal cibo all’hotel, per un numero consistente di persone, locale è sostenibile. Su tutto il resto, ci sono diversità di vedute spiegabili anche dal contesto geografico e culturale di provenienza.

Purtroppo, il viaggio in aereo e il cibo locale sono temi che evidenziano tutte le contraddizioni dei comportamenti di consumo sostenibile. I luoghi dove il turismo può contribuire ad alleviare la povertà (sostenibilità sociale) sono in molti casi lontani da quelli dove si genera domanda turistica. Per visitarli si deve prendere l’aereo (insostenibilità ambientale). Gli schemi di compensazione non risolvono il problema, tanto da essere considerati greenwashing. Il Parlamento Europeo  sta spingendo per vietare in campo commerciale affermazioni come ecologico, naturale, biodegradabile, climaticamente neutro o eco se non sono comprovate o accompagnate da prove o informazioni dettagliate su cosa realmente significano nel loro contesto d’uso.

L’enogastronomia è sempre più importante nel turismo. La richiesta di cibo e prodotti locali e biologici non è più un trend, ma uno standard minimo per molti ristoranti e retail. Non c’è dubbio che questo modello di consumo abbia portato benefici alle economie locali delle destinazioni turistiche (sostenibilità economica e sociale). L’enogastronomia è una componente importante dell’esperienza di vacanza e influisce, in molti casi, nelle scelte di destinazioni e itinerari di viaggio. I turisti sono sempre più propensi a spendere una quota del loro budget per ristoranti locali e acquisti di prodotti tipici. L’avvicinamento tra luoghi dove si consuma il cibo e quelli dove si produce aiuta a trattenere nell’economia locale una maggiore quota spesa dei turisti nelle località di vacanza.

L’impatto sull’ambiente, ed in particolare sul clima, è tuttavia molto discutibile, per usare un eufemismo. Ad esempio, in molti luoghi la carne è un pilastro della tradizione gastronomica locale. Secondo il recente rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, il consumo di portate di carne ha un impatto sul clima da dieci a quindici volte superiore a quello dei prodotti vegani

Le emissioni di gas serra prodotte dal trasporto costituiscono una quantità molto ridotta delle emissioni prodotte dagli alimenti. Chi intende essere attento alla propria impronta ecologica deve fare attenzione a ciò che mangia piuttosto che alla provenienza degli alimenti. Ad esempio, mangiare meno carne e latticini, sostituire le carni rosse con il pollo o il maiale. Passare a diete vegetariane o vegane. Tutte queste scelte di consumo hanno un impatto di gran lunga maggiore sulla riduzione di emissioni che semplicemente mangiare a chilometro zero.

Discutere di cibo, clima e ambiente è molto complicato. E pertanto si genera confusione e disorientamento nella domanda, anche in quella turistica. Un altro esempio è la discussione molto polarizzata tra agricoltura biologica Vs agricoltura convenzionale. Se è vero e accertato che l’agricoltura biologica non sia necessariamente buona e conveniente per l’ambiente, è altrettanto vero che capire quando e come è da preferire l’una all’altra dal punto di vista ambientale richiede un impegno intellettuale troppo oneroso per un semplice consumatore o turista. Ad esempio, ammesso e non concesso che l’agricoltura biologica presenti sempre vantaggi ambientali, è davvero impossibile pensare di sostituirla a quella convenzionale. I combustibili fossili hanno infatti un’importanza fondamentale nella produzione agrochimica e dei fertilizzanti sintetici utilizzati nell’agricoltura convenzionale. Tornare a un’agricoltura puramente biologica, a una scala tale da soddisfare una buona parte della domanda globale, richiederebbe una forza lavoro rurale talmente numerosa che molti di noi dovrebbero tornare in campagna e passare almeno otto ore al giorno a raccogliere e spargere letame animale. E questo sacrificio non sarebbe sufficiente a sfamare tutta la popolazione mondiale.

In questa confusione e incertezza generale (ogni scoperta scientifica è per definizione falsificabile), il turismo enogastronomico offre spunti interessanti di riflessione. Intrepid Travel è un piccolo tour operator che fin dall’inizio (anni 90) ha creduto che il viaggio potesse portare benefici sia ai viaggiatori, sia alle comunità che visitavano. Sulla base dell’intuizione che ci fosse una domanda di viaggio più autentico, il tour operator ha cominciato ad organizzare viaggi dove tutti i fornitori erano locali. Successivamente ha introdotto viaggi e tour nei quali si prende in considerazione almeno un aspetto della sostenibilità quali la conservazione della fauna selvatica e dell’ambiente, il sostegno alla disabilità, la conservazione delle tradizioni culturali indigene e minoritarie, l’uguaglianza di genere, l’empowerment, nonché la formazione e l’istruzione.

Nel corso del 2020, quando il settore dei viaggi è rimasto fermo, Intrepid è diventato il primo tour operator globale con obiettivi scientifici di riduzione di impatto delle emissioni verificabili attraverso l’iniziativa «Science Based Targets» (SBTi). Questo programma valuta in modo indipendente gli obiettivi di riduzione delle emissioni aziendali in linea con ciò che gli scienziati del clima affermano sia necessario per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi per limitare l’aumento della temperatura globale a un futuro di 1,5°C. In questo contesto il programma di viaggi enogastronomici lanciato da Intrepid, «Real Food Adventures», ha avuto una svolta.

Quando è stato lanciato originariamente (2013), erano disponibili solo sei viaggi. Dopo la pandemia, ci sono quindici tour con una novità rilevante. Intrepid offre anche «Vegan Real Adventures»: piani di viaggio che non si concentrano solo sul cibo locale, ma nello specifico sulla dieta vegana e sulla riduzione delle emissioni in ogni aspetto del viaggio. Come scritto precedentemente, il consumo di cibo a base vegetale emette dalle dieci alle quindici volte in meno di anidride carbonica. L’approccio del tour operator è pragmatico. Il solo fatto di non mangiare pietanze di origine animale ha già un impatto significativo sulla policy di riduzione delle emissioni. Gli altri aspetti del viaggio dipendono dal contesto. Pertanto, nel catalogo di Vegan Real Adventure si legge: «Comprendiamo che alcuni viaggiatori possono scegliere di praticare il veganismo in ogni aspetto della loro vita, ma mentre possiamo garantire che il cibo dell’itinerario sarà vegano, non siamo in grado di garantire che anche altri aspetti, come l’alloggio e il trasporto, saranno vegani (ad esempio, sedersi su un autobus locale con sedili in pelle)».

Il pragmatismo mostrato nei tour enogastronomici è venuto meno nel design e nella promozione di altri tour. La Advertising Standards Authority (ASA) ha di recente ordinato a Intrepid Travel di rimuovere un annuncio ingannevole. La pubblicità presentava due donne davanti alle piramidi di Giza in Egitto con il testo «Avventure in piccoli gruppi rispettosi delle persone e del pianeta dal 1989». Faceva parte di una campagna (di novembre 2022) di affissioni nella metropolitana di Londra. L’ASA ha ricevuto un reclamo secondo cui la frase «rispettoso del pianeta» era fuorviante sull’impatto delle vacanze di Intrepid sull’ambiente. L’ASA ha considerato la frase «avventure per piccoli gruppi rispettose delle persone e del pianeta» come «un’affermazione assoluta», implicando «che la partecipazione a un tour Intrepid non ha causato danni ambientali durante l’intero ciclo di vita».

L’esperienza di Intrepid insegna due cose molto importanti a chi vuole cogliere l’opportunità dell’interesse verso il turismo sostenibile per avere davvero un impatto nel turismo enogastronomico. Chi disegna i tour ed esperienze deve scegliere con cura su cosa puntare. Ad esempio, se si intende veramente fare la differenza sulla riduzione di emissioni, bisogna concentrarsi sul cosa si mangia, piuttosto che sul mangiare locale.

La seconda lezione è che la sfida per i responsabili della promozione, e ancor di più per i creativi, è trovare una connessione tra l’enfasi di specifici attributi della sostenibilità e i pensieri che attraversano la mente dei potenziali turisti quando pianificano una vacanza. Sfogliando il catalogo di Intrepid Travel si intuisce che la strategia di marketing assume che ci siano tanti attributi per disegnare un tour sostenibile, che non tutti debbano essere necessariamente presenti allo stesso tempo (anche perché alcuni sono in conflitto) e, soprattutto, che gli aspetti della sostenibilità non siano (sempre) le ragioni principali per cui i turisti scelgono una destinazione o un tour. Se è vero che la maggior parte dei consumatori (turisti) desideri beni e servizi più sostenibili, dall’altro gli stessi non sono generalmente disposti a scendere a compromessi in termini di qualità e convenienza al momento della scelta.

Come scrive Alexis Gauthier, chef del celebre ristorante vegano stellato «Gauthier Soho»: «Ho deciso di dedicare la creatività della mia cucina per contribuire a formare una nuova gastronomia francese, attraverso le tecniche classiche che ho avuto la fortuna di apprendere durante la mia formazione. L’unica differenza è che ora ho scelto di lavorare senza prodotti animali».

La cucina è sempre la stessa, l’esperienza è sempre quella di un ristorante stellato. Con l’aggiunta di molta più creatività perché non si possono utilizzare prodotti di origine animale.